La Cucina Italiana diventa Patrimonio UNESCO: cosa significa davvero e perché è un valore per il Made in Italy
La cucina italiana è ufficialmente entrata nella lista dei Patrimoni Culturali Immateriali dell’Umanità dell’UNESCO. Un riconoscimento storico, che non celebra un piatto o una ricetta, ma un’intera cultura gastronomica, fatta di saperi, gesti, tradizioni e comunità.
Per il Made in Italy, per le imprese agroalimentari e per chi promuove l’internazionalizzazione delle eccellenze italiane, questo è un traguardo che apre nuove opportunità economiche, culturali e di valorizzazione internazionale.
Un patrimonio fatto di persone, tradizioni e territorio
Secondo l’UNESCO, la cucina italiana è una pratica culturale viva, che comprende:
- la preparazione e condivisione del cibo,
- i rituali dei pranzi in famiglia,
- la stagionalità delle materie prime,
- la trasmissione dei saperi di generazione in generazione,
- il legame profondo con territori e comunità.
È un patrimonio immateriale che unisce, racconta storie, custodisce identità e celebra la diversità regionale. Dalla pasta fresca emiliana ai formaggi alpini, dall’olio extravergine ai dolci natalizi, ogni prodotto è parte di un rito collettivo che definisce l’italianità.
Perché è un riconoscimento storico
È la prima volta che una cucina nazionale, nella sua totalità, entra nel patrimonio immateriale UNESCO.
Prima erano stati riconosciuti elementi specifici come:
- l’Arte del Pizzaiuolo napoletano,
- la Dieta Mediterranea,
- il Canto a tenore sardo o l’Opera dei Pupi.
Il riconoscimento alla cucina italiana invece abbraccia l’intero sistema gastronomico, tutti i territori, le comunità, e il loro modo unico di vivere e condividere il cibo.

Per le imprese italiane: quali sono i vantaggi?
Il riconoscimento non è solo simbolico. Porta benefici concreti al sistema agroalimentare italiano e a chi lavora per farlo crescere nel mondo.
1. Più visibilità internazionale
L’UNESCO potenzia la forza del Made in Italy, rafforza la reputazione dei prodotti italiani e li distingue ulteriormente sul mercato globale.
Le aziende possono valorizzarne il ruolo nei propri storytelling e nella comunicazione.
2. Impulso al turismo gastronomico
Secondo alcune analisi, questo riconoscimento potrà aumentare i flussi turistici fino all’8% nei prossimi anni, generando milioni di pernottamenti in più.
Le regioni italiane potranno promuovere itinerari, esperienze culinarie e eventi legati alla tradizione.
3. Sostegno a produttori e artigiani
I piccoli produttori, le imprese familiari e i laboratori artigianali potranno beneficiare della crescente attenzione verso l’autenticità e la qualità.
La domanda di prodotti regionali e tipici è destinata a crescere.
4. Valorizzazione dell’identità culinaria
Questo riconoscimento facilita progetti di educazione alimentare, iniziative culturali e programmi che tutelano la biodiversità italiana, dal grano antico agli ortaggi locali.
5. Un’arma contro la contraffazione
Aumentando la consapevolezza internazionale sulla vera cucina italiana, il riconoscimento supporta la battaglia contro l’“Italian sounding”, favorendo i prodotti autentici e certificati.
Cosa NON cambia con il riconoscimento UNESCO
È importante chiarire alcuni aspetti:
- non esistono obblighi o nuove regole sui piatti;
- non è previsto un finanziamento diretto dell’UNESCO;
- non significa che ogni ristorante possa definirsi “UNESCO”;
- non esistono certificazioni automatiche o etichette da esporre.
Il valore è culturale, educativo e promozionale: uno strumento potente per raccontare e proteggere la tradizione italiana.
Un’opportunità per chi vuole portare la qualità italiana nel mondo
Per tutte le imprese italiane che guardano all’estero, questo riconoscimento rappresenta una spinta straordinaria:
- rafforza la comunicazione sulla qualità e autenticità dei prodotti,
- valorizza il legame tra cucina, territorio e cultura,
- aumenta l’interesse globale verso la gastronomia italiana,
- apre nuove possibilità per collaborazioni, promozioni e storytelling.
L’Italia non esporta solo prodotti: esporta cultura del cibo.
E oggi questa cultura è finalmente riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità.