La saturazione semantica ha cambiato il modo di comunicare il Made in Italy al mercato americano

Negli ultimi anni il Made in Italy ha perso parte del suo potere attrattivo, specialmente nel mercato americano. Alla base di questa trasformazione c’è un fenomeno noto come saturazione semantica, ma cosa significa e come impatta la percezione dei consumatori? Lo spiega Marco Baldocchi, esperto di Neuromarketing con il quale abbiamo avuto il piacere di parlare.

Cos’è la saturazione semantica?

La saturazione semantica è un fenomeno psicologico che si verifica quando una parola o un’espressione viene utilizzata talmente tanto da perdere sia il suo impatto che il suo significato originale.

Con l’espressione “Made in Italy” questo fenomeno ha raggiunto il culmine: da simbolo che differenziava il prodotto italiano dagli altri, oggi è diventato un’etichetta generica e abusata nel marketing, nella pubblicità e nel branding per gli Stati Uniti. Il risultato è che i consumatori sono ora scettici riguardo all’autenticità e alla qualità dei prodotti Made in Italy e richiedono maggiore trasparenza, sostenibilità e produzione etica (il termine, infatti, è anche associato a connotazioni negative come sfruttamento, contraffazione e lavoro a basso costo).

Secondo Baldocchi, gli americani non sono più impressionati dal Made in Italy perché faticano a distinguere i prodotti contrassegnati come tali. E aggiunge che ormai questa espressione è un’espressione morta.

Il concetto di saturazione semantica è stato descritto per la prima volta dal professor Leon James nel 1962. Secondo i suoi studi, il cervello umano tende a diventare refrattario quando esposto troppe volte agli stessi stimoli. Questo significa che i consumatori, di fronte alla continua ripetizione del Made in Italy, non reagiscono più con entusiasmo.

La “crisi” del Made in Italy in America

Negli Stati Uniti, i consumatori sono esposti a una comunicazione ipercompetitiva. Il solo promuovere un prodotto perché realizzato in Italia non è quindi sufficiente per distinguersi in un mercato dove l’attenzione degli americani è contesa da migliaia di brand.

Provate a visitare i siti web dei principali marchi italiani e noterete che Gucci, Prada, Ferragamo e Armani non menzionano mai l’espressione “Made in Italy”. Prendiamo ad esempio Armani: il brand si concentra sui “valori attenti al futuro” con i suoi progetti Acqua for Life e Climate Change, ma non si fossilizza sul Made in Italy.

Attenzione: ciò non significa che la qualità italiana non sia più un fattore trainante per vendere in USA ma che le parole sono importanti e oggi è necessario trovarne di nuove.

Come rinnovare il marketing del Made in Italy nel mercato USA?

Per superare il declino del termine “Made in Italy” negli USA, le aziende italiane devono adottare nuove strategie di marketing che possano attrarre i consumatori moderni.

Devono concentrarsi sull’innovazione, sulla sostenibilità, sull’esperienza del cliente e sulla percezione del cliente. Devono abbracciare nuove tecnologie, come le neuroscienze applicate al branding e al marketing.

Il mercato americano cerca qualcosa di più di un’etichetta. Vuole prodotti che soddisfino le esigenze del consumatore e offrano benefici tangibili. Pertanto, i brand dovrebbero concentrarsi sul mettere in evidenza le caratteristiche e i benefici dei loro prodotti, cosa che possono fare utilizzando gli insight delle neuroscienze (che aiutano a comprendere anche i bisogni inconsci del proprio pubblico di riferimento).

La saturazione semantica mette in luce come il cervello umano elabora il linguaggio. Comprendendone gli effetti possiamo trovare nuovi modi per coinvolgere i consumatori americani e rendere nuovamente rilevante il concetto di Made in Italy sul mercato americano

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